sabato 6 novembre 2010

Il mercante di ideali

(lo so, lo so...non ho capacità di sintesi)

"Siediti ragazzo, voglio raccontarti una storia."
Il ragazzo si sedette, senza dire una parola.
"Sono ormai duemila anni che vago in questo strano mondo, e ora devo andarmene, ma prima voglio raccontarti della mia vita. Sono il mercante di ideali, vago di città in città arricchendomi rendendo ricchi gli altri".

Vengo da un piccolo villaggio di periferia non lontano dal monte Sion, ma non c'è punto del mondo che i miei piccoli piedi non abbiano toccato.
La mia carriera iniziò con la messa a morte di un tale nelle vicinanze del mio paese,e come tanti altri miei compaesani andai ad assistere all'esecuzione. Morì con un ideale che aveva difeso fino al momento in cui esalò il suo ultimo respiro. Mi impressionò. Parlai con la gente che come me non era mancata a quell'orribile appuntamento: venni a sapere che era morto lasciando a tutti coloro che lo avevano conosciuto il medesimo ideale che aveva perseguito egli in vita. Era un re potentissimo, mi dissero, morto tutto sommato felice della sua esistenza, e nessuno tra i presenti disse alcuna brutta parola sul suo operato: erano tutti semplicemente entusiasti di ciò che egli aveva donato loro.

Da quel giorno iniziò il mio peregrinare per il mondo: come quel re, volevo anch'io diffondere la felicità.
Aprii un piccolo emporio, modesto, eppure davvero accogliente: l'unico lusso che mi concessi fu un insegna elaborata, in legno, con una bella scritta dorata che recitava "il mercante di ideali".
Entrò il primo cliente.
"Buongiorno".
"Buongiorno a lei, cosa desidera?" Lo fissai: avrà avuto a malapena venti anni, il viso ancora troppo infantile, gli occhi ancora troppo vivi per poter essere un uomo.
"Ecco...io...vorrei l'amore" e nell'esprimersi divenne subito rosso e abbassò il capo. Quanta spontaneità, e quanta tenerezza mi ha ispirato in quel momento! Si, doveva avere decisamente meno di vent'anni. Provai a stemperare la sua timidezza
"Gran bell'ideale che hai scelto!" Sorrise un poco, quasi impercettibilmente.
"Beh, mi piace, ho pensato potesse essere un ideale adatto a me...adorerei avere l'amore come guida nella mia vita. Me ne dia uno buono per favore, non di quelli che si trovano dappertutto...un amore come si deve insomma." Aveva preso un po' di coraggio: fui io a sorridere stavolta.
"Si fidi di me" e ricambiò il mio sorriso, stavolta in maniera più aperta. Andai a prendere l'amore dal magazzino e presentai il conto. "Vediamo...per avere amore dovresti darmi un cuore grande e capace di sopportare, molta pazienza, capacità  di vedere oltre le apparenze al punto giusto."
Esitò un momento: forse pensava richiedessi un prezzo leggermente troppo alto, era tentato dal riconsiderare la sua scelta, ma si affrettò a scacciare dalla mente questo pensiero e pagò quanto pattuito.
"Desidera altro?"
"No, mi basta il solo amore" sorrise di nuovo e uscì: nemmeno mi salutò, ma so che fece così per distrazione, tanto era preso dal suo ideale.

Entrò un secondo cliente, o perlomeno pensai fosse tale: dalle mani giunte a mo' di coppa e il vestiario capii che era un mendicante.
"Buon uomo, aiuti una persona che non ha più nulla". I suoi occhi erano pieni di lacrime: chissà da quanti giorni stava ripetendo la stessa solfa, da quante persone era stato respinto in malo modo.
"Io non offro mai nulla per nulla: sono un mercante" dissi con il fare più minaccioso di cui fossi capace.
Non uno sguardo d'odio, non una parola, semplicemente disgiunse le mani.
Ripresi a parlare: "Però posso aiutarti: conosci la fede?"
"E cosa sarebbe ora la fede?" fu la sua risposta, immediata e dal tono quasi canzonatorio. "è l'ideale più bello, te lo vendo se vuoi"
"Che fai, prendi in giro? Ti ho detto che non ho nulla"
"che sciocchezze vai blaterando? Non esiste nessuno che non abbia nulla"
Non esiste nessuno che non abbia nulla: quell'uomo non si sarebbe mai dimenticato di questa frase.
Ripresi a parlare "per questo ideale ci vuole tanta speranza in un mondo migliore, in una vita migliore; se ne hai, non guasterebbe anche una profonda conoscenza dei limiti della propria ragione"
Il mendicante non disse una parola, la comprò, uscì col suo ideale e chiuse la porta, non prima di darmi un ultima occhiata: ne sono sicuro, ha pensato fossi matto. Chi lo sa, magari aveva anche ragione.

Passarono i mesi, gli anni, i secoli, e i clienti andavano e venivano, ognuno in cerca di un ideale differente per cui valesse la pena vivere. Cambiava il modo di pensare, cambiavano gli ideali più gettonati, cambiai anche negozio, vagando di città in città ogni volta che in quella precedente ogni persona fosse stata mia cliente almeno una volta. Loro però, gli ideali, non li cambiavo mai: erano sempre gli stessi, proponevo sempre lo stesso prezzo. Anche l'insegna era sempre la stessa, ci ero affezionato, mi piaceva per non so quale buffo motivo. Ogni tanto mi divertivo nel fare qualche nuova creazione, prodotti sperimentali: i clienti sembravano soddisfatti.

"Patria? Cioè?"
"è un ideale strano: ci vuole attaccamento, spirito di collaborazione, voglia di sacrificarsi per un bene superiore, aderenza alle proprie tradizioni, alla propria cultura: può sembrare un prezzo eccessivo lo so, ma si  fidi di me, ne vale proprio la pena". Ogni volta davo la stessa spiegazione, e ogni volta riuscivo a convincere il cliente: dopo un po' di tempo era diventato un ideale di moda tanta era la gente ad averlo acquistato: ero fiero di me stesso, avevo messo in circolazione un ottimo prodotto.

Ogni tanto qualcuno faceva un uso sbagliato degli ideali che vendevo: evidentemente la gente non prestava attenzione al foglietto illustrativo presente in ogni confezione. A nulla servivano i miei inviti a questi pessimi acquirenti di cambiare il modo di usare la mia merce: non di rado mi sentivo rispondere "Mi scusi, ma ora che l'ho comprato posso farne ciò che voglio, è mio!" Con quest'ultimo ideale accadeva anche troppo spesso.

Sai, ragazzo, gli ideali non sono tutti uguali. Alcuni, che amo definire azzardati, non li immettevo direttamente in commercio. Li affidavo a persone di fiducia a cui davo il compito di rivenderli a loro volta nel modo che ritenevano opportuno: chiamiamola indagine di mercato, se ti piace intendere la cosa in questo modo. Su questi ideali i miei amici ci scrissero libri, altri li dipinsero: qualcuno li mise direttamente in pratica, scegliendosi di volta in volta discepoli idonei: è così che ho diffuso il socialismo e la democrazia tra gli altri. Peccato che per entrambi mi sia fidato delle persone sbagliate, oppure sono loro che hanno scelto allievi non adatti, o magari non si sono fatti capire bene loro, chi lo sa. Sta di fatto che dopo una prima ondata di ottimismo che mi indusse a venderli su larga scala il progetto non è andato a finire come speravo. Mentre però per il primo nutro ancora qualche debole speranza, per il secondo ideale ho rinunciato da tempo: svariate volte ho cercato di ritirarlo dal commercio ma ormai era diventato il mio prodotto di punta non ne ho avuto il coraggio. Pensa, ragazzo, c'è gente che addirittura ne compra a quantità industriali per poi esportarlo in tutto il mondo.

I tempi cambiano, a volte senza che ce se ne accorga: è quello che è successo a me. Nel mio ultimo anno di attività gli affari non andavano bene come in passato: mi dissero che c'era crisi, perciò mi tranquillizzai: si trattava di un momento passeggero, mi dissi. Non so dopo quanto tempo realizzai che proprio di fronte al mio negozio era apparso un enorme centro commerciale, con talmente tanti piani che lo sguardo si perdeva a contarli, chiedendomi ogni volta che ci provavo di rinunciare all'impresa. L'unica notizia che i miei occhi mi riferirono fu di un insegna luminosa: recitava così (perlomeno mi pare, c'erano neon dappertutto le lettere si distinguevano a fatica) "il centro commerciale degli slogan"
Beata la concorrenza! Di che lamentarsi, in fondo ero stato io a diffondere l'ideale del liberismo e del libero mercato.
I clienti cominciarono a diminuire, e non ci misi molto a comprenderne la causa: dall'altro lato della strada i prezzi erano molto più bassi. Anzi, ad essere sinceri in fondo non chiedevano nulla: ti rifilavano qualche parola a caso vuota di qualsivoglia importanza che però nel complesso apparivano come qualcosa di illuminante, la gente ne andava matta. In cambio cosa volevano? Una faccia di bronzo, e il rifiuto ad ogni confronto che non fosse con uno slogan più efficace. MI erano rimasti solo i clienti più affezionati, che mi fissavano come a dirmi "eh, tranquillo che io la strada non la attraverso mica" ma tutti chi prima chi dopo fecero presto a percorrere le strisce pedonali: non li ho più rivisti. Certo che questa crisi era davvero profonda, continuavo a ripetermi. Ma anche quando finì nessuno tornò. fui costretto a vendere tutto: persino l'insegna, che ora figura irriconoscibile invasa da mille luci trionfante sul centro commerciale, spodestando la già obsoleta "il centro commerciale degli slogan": persino del mio nome si erano appropriati.

Ti starai chiedendo: "e poi? cosa hai fatto?" Cosa ho fatto? Cosa avrei dovuto fare...sto andando via da questo mondo, sperando di trovare un altro pianeta in cui poter riprendere la mia attività; di ideali ne ho venduti tantissimi, ma quello che solo mi appartiene, il mio ideale, è sempre stato uno ed uno solo, cioè che tutti avessero un ideale. Ma ho fiducia, tanta fiducia: in te, e in tutti gli altri giovani come te che potranno un giorno prendere il mio posto.
Nel dire quest'ultima frase si voltò per guardare in faccia il ragazzo: aveva condotto tutto il suo monologo guardando un punto imprecisato del muro, tanto era preso dalla narrazione. Non si era accorto che il ragazzo era andato al centro commerciale già all'inizio della storia, senza farsi notare dal suo interlocutore, in coda come gli altri per poter comprare l'ennesimo slogan all'ultimo grido.

7 commenti:

  1. E dire che non molto tempo fa, proprio dove oggi si trova il centro commerciale degli slogan, s'era messo un cantastorie. Cantava queste parole: http://www.youtube.com/watch?v=lLJW0FrQlAM

    Aveva anticipato tutto, ma parlava in una lingua ostica.

    (Bellissimo... direi bellissimo mito, in senso platonico. Mi piace).

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  2. Ci credi che mentre scrivevo pensavo esattamente alla stessa canzone? però cantata dall'altro cantastorie, quello genovese...Ad avergli dato ascolto tutto questo non sarebbe successo.
    Comunque grazie:) Sono contento ti sia piaciuto

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  3. Ma tu guarda come questo giovine mi passa dalla religione alla politica alla filosofia e anche all'economia in un racconto solo?! per citarti:"Mamma mia!"
    veramente bello, profondo...e reale!XD

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  4. Ps: se lo scopo era farmi ripensare a de andrè ci sei riuscito;)

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  5. Molto amaro, ma molto, molto bello. Complimenti.

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  6. grazie mille della visita e del commento:)

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